Una mamma si interroga sulla fantasia della figlia e dei suoi amici immaginari. Vediamo come affrontare la questione, grazie ai consigli della psicologa Maria Rita Parsi.
Gentilissima professoressa,
la nostra bimba di 4 anni (figlia unica, ma che ha frequentato il nido dall’età di 8 mesi) si circonda di amici immaginari, anzi lei li chiama fratelli/ sorelle, o figli/figlie. Con loro parla, gioca, se ne prende cura, ma la cosa che a noi sembra strana è che rende partecipe anche noi genitori in queste sue “scenette di vita”. “Papà non puoi sederti qua, ci sono già i miei bimbi!”. “Mamma, cura la mia piccola sorella che si è fatta male!”. Nell’immaginario comune questi amici sono una cosa segreta, quindi questa condivisione ci ha lasciato un po’ perplessi. Dobbiamo assecondarla, facendo “posto” a questa moltitudine di bimbi in casa, o dobbiamo farle presente che il divano è nella realtà libero?
Grazie.
Risponde la professoressa Maria Rita Parsi, psicologa:
L’amico immaginario, che in genere fa la sua prima comparsa intorno ai due – tre anni, è il “mezzo” che, nella fantasia del bambino, serve per ripensare alle esperienze fatte, elaborarle, rivisitarle, trasformarle e, alle volte, anche per compensare le tensioni della vita quotidiana, specie nei periodi di stress o di dolore.
Fermo restando che, a questa età, si tratta di giochi del tutto normali, è comunque consigliabile definire tempi e spazi in cui giocare con i nostri figli “agli amici immaginari”; entrare, poi, nel merito del dialogo che intercorre tra il bambino e il suo amico immaginario per conoscere i pensieri e i desideri profondi che il bimbo, attraverso la “voce” dell’amico immaginario, si sente libero di esprimere.
Non è opportuno “far finta di niente” anche per evitare, specie se si tratta di figli unici inseriti magari in un ambiente familiare poco aperto all’esterno, che la fantasia invada la vita del bambino impedendogli di percepire la distinzione tra il gioco e la realtà.
Foto ©Maryna Kulchytska/Shutterstock
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